Ad attirarmi, lo confesso, è stata la copertina. Non per la sua illustrazione, ma per il sottotitolo: Fantascienza, fantasy e femminismo: un’antologia. Aveva praticamente il mio nome scritto sopra. Ho preso nota del titolo e, appena possibile, ho contattato Nero Editions per recensire Le visionarie, antologia di ventinove racconti di speculative fiction scritti da altrettante autrici e curata da due nomi importanti della narrativa fantastica e weird, Ann & Jeff VanderMeer.
La recensione sarà composta da una prima parte dedicata ai singoli racconti e da una seconda, in puro stile olistico, all’opera nel suo insieme, per individuarne stili e temi portanti.
Parte I – I racconti
Le parole proibite di Margaret A. (L. Timmel Duchamp, 1980, trad. Gaja Cenciarelli)
Margaret A., una Margaret Atwood reimmaginata nei panni di donna "normale", di colore e non più giovane, vive incarcerata da anni. Il motivo del suo isolamento sono le parole da lei pronunciate anni prima, parole di denuncia nei confronti del potere. Da allora le è proibito affrontare ogni tema anche solo vagamente politico. Le sue parole sono irripetibili, non registrabili e dimenticate. Fino alla fine del racconto non le conosceremo mai e potremo soltanto immaginarle: la sovversione è uno sguardo nuovo sul mondo, ma le parole non possono aver senso se non c'è qualcuno ad ascoltarle. 5 su 5.
Le mie mutandine di flanella (Leonora Carrington, 1988, trad. Francesca Matteoni)
La protagonista di questo racconto breve e surreale abita in un'isola pedonale dopo essere stata scarcerata. Le sue peripezie sono iniziate anni prima, quando i denti le sono caduti, le rughe hanno preso a mangiarle il volto, e la sua identità è stata poco a poco demolita dallo show-business. 2,5 su 5.
Le madri di Shark Island (Kit Reed, 1998, trad. Clara Miranda Scherffig)
Anche qui torna il tema del carcere, quello di Shark Island in cui sono rinchiuse le donne che non hanno più rilevanza nella società. Donne i cui figli sono adulti, donne che sono ormai in pensione, donne rinchiuse in carcere dagli stessi figli che hanno partorito. Al conflitto donna vs potere si aggiunge quello generazionale tra madri e figli. 3,5 su 5.
La bandita delle palme (Nnedi Okorafor, 2000, trad. Chiara Reali)
Al limitare di un villaggio vi sono delle palme che danno un vino che le donne non possono raccogliere. La bandita delle palme lo raccoglie ugualmente e, con il tempo, diventa una figura leggendaria, una protettrice per le donne che prendono a lasciarle dei sacrifici. La bandita contribuisce all'emancipazione delle donne, che possono arrampicarsi sulle palme per raccoglierne il vino al pari degli uomini. Anche qui c'è il tema generazionale, l'accento non è sul conflitto ma sul concetto di eredità. 3 su 5.
Le cinque figlie della grammatologa (Eleanor Arnason, 1999, trad. Tiziana Mancinelli)
Torna il concetto di eredità, stavolta esplicitato: la grammatologa ha cinque figlie e a ognuna di essere lascia degli elementi della frase (soggetti, verbi, complementi e così via). La vera eredità è la cultura, molto più indispensabile per vivere bene del lieto fine romantico. 5 su 5.
E Salomè danzò (Kelley Eskridge, 1994, trad. Cristina Verrienti)
Racconto meno impegnato rispetto agli altri, incentrato sulle passioni che vengono fuori durante la preparazione di uno spettacolo teatrale in cui la protagonista forse è un protagonista: il genere ha davvero poca importanza di fronte all'arte. 3,5 su 5.
La sposa perfetta (Angélica Gorodischer, 1991, trad. Clara Miranda Scherffig)
Un racconto breve, pieno di realismo magico. La sposa perfetta è una moglie e una madre davvero perfetta, non fosse che ha una strana abilità: le porte di casa sua non conducono al bagno o alla cucina ma a luoghi lontani nello spazio e nel tempo. Quando viaggia in questi luoghi "altri" la sposa perfetta può diventare persino un'assassina. Una delle poche opere di Gorodischer tradotte in inglese (da Ursula K. Le Guin). 3,5 su 5.
Il trucco della bottiglia (Nalo Hopkinson, 2000, trad. Claudia Durastanti)
Un racconto che tocca temi interessanti – la maternità, la sottomissione di una moglie al marito che si scopre un serial killer, la questione razziale – penalizzato dallo stile di scrittura poco accattivante. 2,5 su 5.
Le lacrime della madre (Leena Krohm, 2004, trad. Lorenza Pieri)
Un racconto brevissimo e inconsueto. Così breve che lascia il dubbio di essersi persi qualcosa. Stimola comunque alla riflessione, soprattutto per la figura di una madre che non è una persona ma il vuoto da cui si dipana tutto. 3 su 5.
La soluzione della mosca (James Tiptree Jr., 1977, trad. Livia Franchini)
La soluzione della mosca indica una modalità utilizzata per sterminare una razza – in questo caso quella umana. Si individua un anello debole e lì si colpisce. In questo caso l'anello debole è l'aggressività maschile che si accompagna al sesso. A partire da una determinata latitudine gli uomini impazziscono e iniziano a uccidere le donne. Nel giro di un paio di generazioni l'umanità si estinguerà. 5 su 5.
Le sette perdite di na Re (Rose Lemberg, 2012, trad. Tiziana Mancinelli)
na Re ha perduto sette cose e le resta solo una lettera, neppure un nome. Le sue sette perdite riportano in qualche modo alle privazioni subite nel corso di una dittatura comunista. 2,5 su 5.
La sera, il giorno e la notte (Octavia E. Butler, 1987, trad. Veronica Raimo)
Il racconto affronta il tema della malattia: cos'è l'essere umano oltre i suoi geni? Il destino è scritto nella biologia? Il morbo descritto da Butler unisce tre diverse malattie realmente esistenti, sintetizzate nella volontà di liberarsi dalla carne, vista come una prigione, attraverso l'auto-mutilazione. 4 su 5.
Il sonno delle piante (Anne Richter, 1967, trad. Claudia Durastanti)
In questo racconto troppo corto e poco incisivo, una donna si trasforma in una pianta. Il conflitto dell'essere umano con il corpo e il concetto stesso di umanità si risolve qui con la scelta del mondo vegetale, una scelta più "ecologica" rispetto all'auto-mutilazione di cui aveva scritto Butler. 2,5 su 5.
Gli uomini che vivono negli alberi (Kelly Barnhill, 2008, trad. Emmanuela Carbé)
Torna qui la dialettica umano-vegetale. Gli uomini nelle piante hanno un approccio diverso alla vita e, per dirne una, non conoscono il concetto di genere (maschile e femminile). La protagonista del racconto, che apprende tutto ciò che sa sugli uomini che vivono nelle piante dagli studi del defunto padre, abdicherà l'esistenza umana e andrà a vivere nelle piante. 4 su 5.
Racconti dal seno (Hiromi Goto, 1995, trad. Claudia Durastanti)
Una riflessione sui ruoli genitoriali concentrata sull'espropriazione del corpo femminile inquadrata attraverso la traumaticità dell'allattamento. Il tutto accompagnato da un tono narrativo molto coinvolgente. 5 su 5.
L’ascia omicida di Fall River (Angela Carter, 1981, trad. Gaja Cenciarelli)
La narrazione di un fatto delittuoso che in realtà non riguarda il fatto il sé ma una serie di antefatti. Il racconto è tutto incentrato su una forma di reticenza efficace proprio perché lascia spazio all'immaginazione. Angela Carter è superlativa nel mantenere costante l'attenzione del lettore. 5 su 5.
L’amore e il sesso tra gli invertebrati (Pat Murphy, 1990, trad. Nicoletta Vallorani)
In seguito a una non meglio esplicitata esplosione nucleare, la Terra appare come uno scenario post apocalittico alla voce narrante di questo racconto, l'ultima donna al mondo. Mentre la donna rimpiange di non aver avuto figli, ripensa alle dinamiche di corteggiamento e accoppiamento di ragni e pettirossi e costruisce due robot in modo che possano essere i nuovi Adamo ed Eva. 3,5 su 5.
Quando cambiò (Joanna Russ, 1972, trad. Oriana Palusci)
Su Whileaway non esistono maschi in senso biologico. I tratti associati al genere maschile e quelli associati al genere femminile coesistono nelle femmine, che si sposano tra loro e si riproducono mediante la partenogenesi. Dalla Terra arrivano però dei maschi e le cose sono destinate a cambiare nel giro di poco tempo. Una riflessione angosciante ma lucida sui ruoli di genere culturalmente intesi. 5 su 5.
La donna che si credeva un pianeta (Vandana Singh, 2003, trad. Sara Marzullo)
Pian piano la donna che si credeva un pianeta inizia a diventarlo sul serio. La storia non è raccontata dal suo punto di vista ma da quello del marito, che non fa che preoccuparsi delle ricadute che avrà su di lui avere una moglie che non si comporta secondo i canoni femminili tradizionali e del fatto che nessuno si prenderà cura di lui. 4 su 5.
Jestella (Susan Palwick, 2001, trad. Chiara Reali)
Jestella è una lupa mannara che intreccia una relazione sentimentale con un uomo che finisce per addomesticarla completamente. Il finale tragico descrive senza mezzi termini un femminicidio in cui l'uomo risulta l'unica bestia. Storia amara e triste che riflette sulla manipolazione psicologica di cui è possibile restare vittima in un rapporto. 5 su 5.
I ragazzi (Carol Emshwiller, 2003, trad. Marta Maria Casetti)
Una società divisa: uomini impegnati al fronte da una parte, donne adibite alla procreazione dall'altra. Fino a quando le donne, stufe di vedersi portar via i ragazzi e del continuo stato di guerra, imbracciano le armi per ribellarsi. 3,5 su 5.
Strategie stabili per manager di fascia media (Eileen Gunn, 1988, trad. Livia Franchini)
La protagonista e narratrice di questa storia lavora in una società di marketing e per migliorare la sua propensione al lavoro in team decide di aderire a un programma che le permette di assumere le caratteristiche di alcuni animali. Gli effetti, dopo che la sua mutazione in zanzara/mantide è iniziata, non saranno quelli sperati. Una riflessione su cosa significa essere donna nel mondo del lavoro e allo stesso tempo sulle dinamiche aziendali che cercano di assorbire e schiacciare l'individuo. 3,5 su 5.
La regina mangia la torre (Tanith Lee, 1987, trad. Silvia Costantino)
Uno dei pochi racconti fantasy nell'antologia. La protagonista della storia è Jesiel una donna guerriera che viaggia sola in cerca di fortuna. Riuscirà a liberare un castello dalla maledizione di un negromante proprio in quanto donna, in una storia che ricorderà la Eowyn del Signore degli anelli a chi ha letto Tolkien. Per quanto possa sembrare inconsueto, il racconto mi ha ricordato a tratti Il settimo sigillo, a tratti Fantaghirò. 4 su 5.
Zie (Karin Tidbeck, 2011, trad. Veronica Raimo)
Le zie sono tre, vivono su un divano e mangiano, mangiano, mangiano fino a scoppiare, generando altre zie. Di loro si prendono cura le nipoti, che in mancanza di eredi delle zie finiranno per prenderne il posto. Una storia sull'avvicendamento generazionale e il concetto di eredità, in cui il corpo con la sua fisicità e le sue parti assume un ruolo centrale. 4 su 5.
Sur (Ursula K. Le Guin, 1982, trad. Roberta Rambelli)
Una spedizione nell'Antartico conduce nove donne sudamericane al Polo Sud. Del loro segretissimo viaggio non resterà alcuna traccia. Gli esploratori (uomini) che toccheranno il Polo Sud anni dopo continueranno a pensare di essere stati i primi. 4 su 5.
Paure (Pamela Sargent, 1984, trad. Gaja Cenciarelli)
In un mondo a schiacciante maggioranza numerica maschile, le poche donne superstiti – viste come l'Altro – sono considerate una proprietà degli uomini. La protagonista del racconto, che vive in clandestinità ed esce solo travestita da uomo, è costretta a trascorrere un giorno in città in compagnia di una guardia del corpo. Altra compagna, la paura costante di perdere la propria libertà. 3,5 su 5.
Deviazioni nel cammino verso il nulla (Rachel Swirsky, 2008, trad. Veronica Raimo)
Dopo un litigio con la sua fidanzata, un uomo nel suo girovagare verso il nulla si sente attirato da una donna muta. Lei è la personificazione del suo desiderio. L'incontro è fugace, ma potrebbe sconvolgerlo per sempre. 3 su 5.
Tredici modi di concepire lo spazio-tempo (Catherynne M. Valente, 2010, trad. Chiara Reali)
Una cosmogonia stramba si intreccia alla storia di una scrittrice di fantascienza che forse è la creatrice dell'universo di cui si narra. Un racconto che resta impresso anche e soprattutto per la musicalità delle frasi. 4 su 5.
Casa sul mare (Èlisabeth Vonarburg, 1985, trad. Clara Miranda Scherffig)
Nostos in greco significa ritorno. Casa sul mare è la storia di un ritorno, fisico e mentale. Allo stesso tempo, è una riflessione sul concetto di umanità e su cosa distingue l'essere umano da ciò che umano non è, molto in linea con i concetti presenti in Blade Runner (solo che qui abbiamo gli artefatti e non i replicanti). Il racconto è anche l'analisi di un rapporto madre-figlia, che non lascia fuori temi quali l'avvicendamento generazionale e l'eredità culturale. 4 su 5.
Parte II – L’opera
A volte – non sempre – il tutto è più della somma delle sue parti. Questo è il caso di Le visionarie, che non si esaurisce nei ventinove racconti di cui è scritto poco sopra, ma è un progetto con una sua anima. Leggendo l’introduzione di Ann & Jeff VanderMeer e la postfazione delle curatrici italiane Claudia Durastanti e Veronica Raimo sono rimasta colpita da una particolarità: i racconti non sono in ordine cronologico ed è sconsigliato saltare fino alla propria autrice preferita, leggere prima tutti i racconti brevi o, al contrario, quelli lunghi. Le storie dialogano tra loro.
Man mano che ci si inoltra tra le pagine, si delineano alcuni spunti ricorrenti: la prigionia, il rapporto – conflittuale – tra la donna e il potere, la maternità, la natura, gli stereotipi di genere, l'oppressione maschile. La riflessione su questi temi emerge quasi sottintesa, mai gridata apertamente, tanto che un lettore poco attento potrebbe non coglierla.
Come scritto dai VanderMeer nella prefazione, Le visionarie non vuole mettere un punto sul discorso femmista/femminile nella narrativa di genere, anzi: l'obiettivo è quello di ampliare il discorso, costantemente in divenire e privo di conclusione. A chi faccia già parte di questo discorso e a chiunque voglia partecipare, anche solo prestando attenzione, consigliamo di non perdere questa antologia, ottima per scoprire e riscoprire voci che meritano di essere ascoltate.
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